Sovraindebitamento e cessione del quinto. Panorama di giurisprudenza.
Nell’ottica di consentire al debitore di far fronte con sicurezza al piano di ristrutturazione del debito di cui alle procedure per sovraindebitamento e nell’ottica altresì di consentire il miglior soddisfacimento di tutto il ceto creditorio nel pieno rispetto della par condicio, si ritiene doveroso affrontare, seppur brevemente, la tematica della opponibilità alla procedura da sovraindebitamento delle c.d. cessioni del quinto.
Il dibattito, sia in giurisprudenza che in dottrina, è alquanto vivace.
Capita assai spesso, infatti, che si determini un “conflitto tra il debitore, che intende includere nel proprio piano anche le retribuzioni o i crediti futuri di TFR già ceduti o assegnati in esecuzione coattiva e il creditore, che pretende di rimanere estraneo alla regola del concorso”, sul presupposto che la precedente notifica al terzo ceduto renda la stessa cessione inopponibile anche agli altri terzi e quindi ad una eventuale procedura concorsuale (Gianfranco Benvenuto, “La cessione del quinto nella legge del sovraindebitamento”, in www.diritto24.ilsole24ore.com, 27 marzo 2018).
E’ noto difatti, che, nella Legge n. 3/2012, manchino espliciti riferimenti agli artt. 44 e 55 l.f., che sostanzialmente sanciscono l’inefficacia degli atti che incidono sul patrimonio del debitore e la scadenza immediata dei debiti rateizzati.
Il dubbio se applicare o meno al sovraindebitamento un principio normato solo per le altre procedure concorsuali e per il fallimento compare in innumerevoli dibattiti, non solo per quello inerente alla cessione del quinto; ciò che perplime, piuttosto, è l’altalena dei sì e dei no, nonostante la piena appartenenza del sovraindebitamento alle procedure concorsuali e conseguente ordinamento da parte dello stesso legislatore e dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Ad ogni buon conto, in questa sede, dobbiamo chiederci se le suddette norme di cui agli artt. 44 e 55 l.f. siano applicabili o meno al sovraindebitamento, con effetti diversi sull’opponibilità (o meno) della cessione del quinto al sovraindebitamento, rectius, liquidazione dei beni.
Per quanto riguarda i casi dell’accordo con i creditori e del piano del consumatore, il profilo cambia, ed attiene più che altro all’equiparazione dell’omologa al pignoramento.
La cessione di credito (assimilabile alla vendita di cosa futura) è un contratto di natura consensuale con efficacia obbligatoria, ovvero si perfeziona con il semplice consenso ed ha l’effetto di obbligare le parti ad eseguire la prestazione. L’effetto traslativo si verifica, però, solamente quando il credito viene ad esistenza, e non prima (inter alia, Cassazione n. 551/2012, n. 15590/2005).
In forza di tale principio, nel caso di cessione di crediti futuri e di sopravvenuto fallimento del cedente, la cessione non è opponibile al fallimento se, alla data della dichiarazione di fallimento, il credito specifico non è venuto ad esistenza e non si è realizzato l’effetto traslativo della cessione.
Con riguardo alla sfera fallimentare, è pacifico che la cessione del quinto o l’assegnazione non siano opponibili, in quanto il pagamento eseguito post fallimento, ancorché conseguente ad un accordo stipulato in precedenza, è inefficace ai sensi dell’art. 44 l.f. (Cassazione n. 1227/2016, in senso conforme Cassazione n. 1759/2006).
Difatti, lo stesso art. 553 c.p.c. dispone che l’assegnazione è fatta “salvo esazione” e dunque senza comportare l’immediata estinzione del debito, in modo che l’effetto satisfattivo sia rimesso alla riscossione del credito (pagamento), il quale, avvenendo post fallimento, subisce la sanzione dell’inefficacia.
Pertanto, se si tiene conto della natura concorsuale del sovraindebitamento – sancita dallo stesso legislatore – non può che ritenersi applicabile il principio per cui i crediti debbano intendersi interamente scaduti al momento dell’apertura del concorso dei creditori, che, nel piano del consumatore, coincide con l’omologazione, mentre nella liquidazione del patrimonio, coincide con il provvedimento di apertura della liquidazione.
Con particolare riguardo al piano del consumatore, l’art. 12 bis comma 7 l. n. 3/2012 stabilisce che il decreto di omologa del piano del consumatore “deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento”. E’ da ritenere che lo stesso principio sia applicabile anche alla fattispecie della cessione del quinto, con effetto a decorrere dall’omologa del piano.
La non opponibilità della cessione dei crediti futuri successivi all’omologa del piano significa che, di detti crediti ceduti, può ancora disporne il debitore per organizzare il piano verso i creditori, tra i quali, naturalmente, va compreso anche lo stesso cessionario per il residuo del finanziamento non rimborsato fino a tale data.
Di conseguenza, il credito del cessionario da soddisfare non è quello derivante dalla cessione di credito, ma il credito da finanziamento non rimborsato, di natura chirografaria.
Diversamente, il permanere in procedura di un mutuo o finanziamento con rimborso rateizzato mediante cessione del quinto produrrebbe uno svantaggio per gli altri creditori e comporterebbe la lesione della par condicio (Mauro Vitiello, “Il piano del consumatore: natura del procedimento e conseguenze del suo inquadramento”, in www.ilfallimentarista.it).
Veniamo alla giurisprudenza in materia.
Il Tribunale di Livorno (con due pronunce analoghe del 21.09.2016 e del 15.02.2016) afferma che la cessione del quinto realizza un trasferimento di credito futuro, che esplica efficacia meramente obbligatoria fino a quando il credito non diviene esigibile.
La cessione del quinto costituirebbe una garanzia della restituzione del prestito; tuttavia, se è pacifico che la procedura da sovraindebitamento abbia l’effetto di sospendere le procedure esecutive, ed in caso di omologa, di estinguerle del tutto, a maggior ragione, il medesimo effetto sospensivo dovrebbe aversi altresì nei confronti delle cessioni di credito futuro a garanzia della restituzione dei prestiti.
Sempre il Tribunale di Livorno, con pronuncia del 20.02.2017, aggiunge un altro tassello: “i crediti futuri, rappresentati nel caso di specie dal rateo mensile della retribuzione e del TFR, restano nella disponibilità del cedente e sono, pertanto, ammissibili al piano del consumatore, il quale sospende l’efficacia dell’avvenuta cessione (con momento risolutivo al momento dell’omologa del piano medesimo) al pari di quanto accade con riferimento alle procedure esecutive già pendenti, a norma dell’art. 10, comma 2, lettera c) della L. n. 3/2012”.
Il Tribunale di Grosseto del 9.05.2017 ha osservato, poi, che l’opponibilità della cessione del quinto dello stipendio alla procedura da sovraindebitamento sarebbe incoerente rispetto ai principi della concorsualità del procedimento e di parità di trattamento che esso esprime.
Osserva il Tribunale di Grosseto sopra citato: “Diversamente, se gli accordi volontariamente raggiunti in precedenza tra creditore e debitore dovessero essere ritenuti vincolanti, gli stessi dovrebbero impedire l’accesso a queste procedure, in quanto consentirebbero il soddisfacimento integrale dei singoli creditori e la proporzionale riduzione del patrimonio da destinare al soddisfacimento di tutti gli altri. Di conseguenza, la natura concorsuale del procedimento e la necessità di applicare la parità di trattamento ai creditori renderebbe incoerente, dal punto di vista sistematico, non assoggettare anche il cessionario del quinto ad un’eventuale riformulazione dell’adempimento così come prevista per gli altri creditori chirografari”.
Allo stesso orientamento di non opponibilità della cessione del quinto al sovraindebitamento appartiene il Tribunale di Torino dell’8.06.2016, per il quale la cessione del quinto comporta un credito su cosa futura e quindi costituisce semplicemente un meccanismo di garanzia a favore del creditore, in quanto, prima dell’evento costituito dalla maturazione del diritto alla retribuzione differita, la titolarità della relativa somma rimane in capo al debitore, il quale può disporne in caso di apertura della procedura da sovraindebitamento.
Secondo il Tribunale di Pistoia del 27/12/2013 è la legge stessa che consente di non tener conto di tali accordi volontariamente raggiunti in precedenza tra debitore e creditore atteso che, se fossero vincolanti, potrebbero impedire l’accesso alla procedura di sovraindebitamento, in quanto consentirebbero il soddisfacimento integrale di singoli creditori e la proporzionale riduzione del patrimonio da destinare al soddisfacimento di tutti gli altri.
Difatti, relativamente alle cessioni del quinto, non vi è un riferimento all’art 545 c.p.c. relativo ai crediti impignorabili, quindi il parametro di valutazione degli importi necessari al mantenimento non è rappresentato né dalla quota di un quinto dell’emolumento né tanto meno dalla misura della pensione sociale, ma viene determinato di volta in volta dal giudice sulla base della documentazione prodotta ex artt. 14-ter, comma 2, e 9, comma 2, della Legge n. 3/2012, con la conseguenza che il criterio del quinto va rideterminato nel contesto della procedura.
Il Tribunale di Pistoia, poi, aggiunge altri argomenti a favore dell’inopponibilità delle cessioni del quinto al sovraindebitamento.
Innanzitutto, in ogni caso, pur essendovi la regola generale della non falcidiabilità dei crediti muniti di privilegio, pegno e ipoteca, tuttavia essi possono non essere soddisfatti integralmente allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in sede liquidatoria, ai sensi dell’art. 7 e 12 bis L. n. 3/2012.
Inoltre, con particolare riguardo alla liquidazione dei beni, ai sensi dell’art. 14 ter comma 6 lett. B) L. n. 3/2012, non sono compresi nella liquidazione i crediti necessari alla sussistenza del debitore e del suo nucleo familiare.
E il legislatore sancisce questo principio in modo tassativo, non escludendo, dalla suddetta previsione, i casi in cui tali emolumenti abbiano formato oggetto di cessione volontaria.
In senso conforme, vi è il Tribunale di Siracusa del 17.06.2016, il quale, nell’omologare il piano, pure richiama l’art. 7 della L. 3/2012: “la situazione del creditore cessionario del quinto non è equiparabile a quella del creditore privilegiato o munito di pegno o ipoteca. Indi nulla osta alla riduzione proporzionale della percentuale di soddisfazione del creditore chirografario, tra cui …”.
Ancora il Tribunale di Pistoia, con la pronuncia del 23.02.2015, osserva che i contratti di finanziamento di cui si discute sono rimasti inadempiuti solo a latere debitoris, in quanto la finanziaria ha già erogato l’intera somma; con la conseguenza che ci troveremmo di fronte ad un contratto ancora pendente, che troverebbe la sua regolamentazione nell’art. 169 bis l.f. (accedendo all’interpretazione più ampia di tale norma, che non limita l’applicabilità alle sole ipotesi di contratti bilateralmente ineseguiti).
“E a ben vedere nessuna norma, di cui alla L. n. 3/2012, esclude l’applicabilità analogica dell’art. 169 bis l.f. alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Nella fattispecie, pur non richiamandosi espressamente l’articolo sopra citato, sostanzialmente si applica lo scioglimento dei contratti di finanziamento, con previsione di un indennizzo pari al residuo debito sottoposto a falcidia, esattamente come previsto dall’art. 169 bis comma 2 l.f.”.
Poi vi è la nota pronuncia del Tribunale di Monza del 26/07/2017, Est. Dott. Nardecchia, pur svolgendo un excursus delle precedenti pronunce giurisprudenziali a favore dell’inopponibilità della cessione del quinto al sovraindebitamento, ritiene le relative motivazioni a supporto non del tutto condivisibili e propone una soluzione alternativa, nel limite del triennio dall’omologa del piano del consumatore.
Il Tribunale di Monza, in riferimento alle motivazioni delle precedenti pronunce giurisprudenziali a favore dell’inopponibilità, osserva che (i) l’art. 169 bis l.f. è norma di carattere eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica o estensiva; (ii) il richiamo agli artt. 7 e 12 bis comma 4, relativi alla valutazione dell’alternativa liquidatoria al fine di consentire la falcidia dei crediti muniti di privilegio, pegno e ipoteca, da un lato, non tiene conto del fatto che il credito della finanziaria/cessionaria nei confronti del debitore/cedente non è di rango privilegiato, ma chirografario (essendo invece di rango privilegiato il solo credito nei confronti del datore di lavoro/ceduto); dall’altro lato, non motiva la piena appartenenza al patrimonio del debitore dei crediti precedentemente ceduti e conseguente perdita della legittimazione, da parte della finanziaria, a riscuotere i propri crediti; (iii) l’equiparazione tra la sospensione dell’efficacia della cessione di crediti futuri nel sovraindebitamento e la sospensione delle procedure esecutive non è sostenibile con riguardo al sovraindebitamento; in quanto, anche mutuando la giurisprudenza fallimentare in tema di inopponibilità, essa si fonda non sul divieto di azioni esecutive di cui all’art. 51 l.f., quanto piuttosto sull’art. 42 comma 2 l.f., in forza del quale la dichiarazione di fallimento comporta lo spossessamento del fallito, che perde la disponibilità dei suoi beni, anche sopravvenuti (norma, questa, non richiamata esplicitamente nel sovraindebitamento).
Tuttavia il Tribunale di Monza, pur non aderendo del tutto alle precedenti motivazioni giurisprudenziali a sostegno dell’inopponibilità, al fine di “trovare un giusto equilibrio che possa in qualche modo ottemperare due esigenze apparentemente inconciliabili”, fonda la sua pronuncia, sempre a sostegno dell’inopponibilità, in un caso specifico di piano del consumatore, nel modo seguente.
La Cassazione n. 28300/2005 (preceduta in senso conforme da Cassazione n. 15141/2002 per quanto riguarda il pignoramento dei crediti da lavoro) ha stabilito che, ai fini dell’efficacia della cessione di crediti “futuri” in pregiudizio del creditore pignorante (e dunque del fallimento del cedente), ex art. 2914, n. 2, cod. civ., è sufficiente che la notifica – o l’accettazione – della cessione sia stata effettuata con atto avente data certa (art. 1265 cod. civ.) anteriore al pignoramento (o al fallimento), giacché per il successivo effetto traslativo della cessione (rinviato al momento del sorgere del credito), sottratto alla disponibilità delle parti, non si pone un problema di opponibilità ai sensi dell’art. 2914 c.c.
Richiamandosi poi alla Cassazione n. 15141/2002 (sul pignoramento dei crediti da lavoro), il Tribunale di Monza ritiene che la cessione dei crediti di lavoro, ancorché idonea a generare un effetto obbligatorio e non immediatamente traslativo che si produrrà solo nel momento in cui il credito verrà ad esistenza, sia assimilabile alle cessioni di fitti, condividendo con questa categoria la caratteristica della periodicità e probabilità della venuta ad esistenza, perché nascenti da un unico rapporto base (come quello di lavoro) che li distingue da quelli eventuali di natura aleatoria.
Poiché il decreto che ammette il debitore alla procedura di sovraindebitamento è equiparato al pignoramento, l’analogia, tra la cessione del credito di lavoro e quella del fitto, permetterebbe di applicare, anche alla prima figura, l’art. 2918 c.c. (disposto per la seconda), che limita a non più di un triennio la prevalenza sul pignoramento di una cessione notificata al debitore ceduto, di modo che il creditore cessionario potrebbe sottrarre le risorse acquisite alla disponibilità del debitore, ai fini della ristrutturazione del debito, per un termine massimo di tre anni dall’omologa del piano.
Il Tribunale di Mantova dell’8.04.2018 si esprime in senso conforme in merito alla non opponibilità della cessione del quinto in un caso di liquidazione del patrimonio, richiamando appunto le motivazioni già espresse dal Tribunale di Monza del 26.07.2017.
Anche il Tribunale di Napoli Nord del 18.05.2018 condivide l’orientamento per cui il credito ceduto dal debitore alla finanziaria è un credito futuro, che sorge relativamente ai ratei di stipendio soltanto nel momento in cui egli matura il diritto a percepire lo stipendio mensile.
Tale orientamento appare coerente con i principi generali che governano la procedura da sovraindebitamento, quali la natura concorsuale del procedimento e la parità di trattamento dei creditori, ciò che induce a ritenere che anche il cessionario del quinto debba essere assoggettato alla eventuale falcidia subita dagli altri creditori chirografari.
Si ritiene utile citare altresì il Tribunale di Ancona del 15.03.2018, il quale, aderendo all’orientamento sull’inopponibilità, fa rientrare anche il caso specifico dell’accordo con i creditori.
Dall’orientamento suddetto, si distingue il Tribunale di Milano del 9.07.2017, Giudice Dott.ssa Simonetti, relativamente ad una liquidazione dei beni. Tale pronuncia, difatti, non ha ritenuto applicabile al sovraindebitamento l’art. 44 l.f. e conseguentemente non ha aderito all’orientamento sull’inopponibilità.
Tuttavia, con riguardo al suddetto Foro, si è in attesa di veder esplicato l’ultimo orientamento del Plenum sull’argomento.
Milano, 16 luglio 2018
Avv. Francesca Monica Cocco.
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